A Favignana, si coltivano Nero d’Avola e Perricone per i vitigni a bacca rossa, Grillo, Catarratto e Zibibbo per quelli a bacca bianca: tutte varietà di tradizione siciliana. L’alberello appoggiato è il sistema di allevamento scelto perché favorisce basso, sistema iniziale, è già stato in buona parte riconvertito in allevamento a spalliera grazie allo sviluppo sia in superficie che nel sottosuolo delle piante, le cui radici, dopo i primi anni dalla messa in dimora, sono ingrossate. Germogliazione e fioritura sono quindi gestite e protette meglio, così come le fasi di invaiatura e allegagione dei grappoli, soprattutto dal vento, i cui effetti vengono ulteriormente mitigati attraverso una rete di incannucciati montati su strutture removibili e disposti lungo tutto il perimetro della tenuta, quando le correnti sono troppo forti, scongiurando potenziali perdite di produzione. Il risparmio idrico è fondamentale per coltivare su un’isola arida come Favignana, un habitat dagli equilibri precari, così secco da farti quasi sentire in bocca il sapore del tufo e che porta l’uomo di anno in anno, di vendemmia in vendemmia, a un confronto mai scontato con la natura.

Le piante sono allevate in modo che i grappoli vengano tenuti all’interno dell’apparato fogliare, così da proteggerne sviluppo e maturazione. Il carico per pianta è predefinito da una potatura stretta, orientata verso l’interno, perché il vento e la salsedine, attraverso il cosiddetto aerosol marino che conferisce un peculiare corredo cromatico alle uve, non “brucino” ciò che prima è fiore e poi diventa frutto. Le lavorazioni del suolo sono vigorose nella fase di pre-germogliazione e nella gestione dell’inerbimento naturale e poderoso che caratterizza soprattutto la primavera e l’inizio estate. Con una densità media di 5.000 piante per ettaro, la continua ventilazione rappresenta il più importante antiparassitario naturale, garantendo un clima secco e mitigato tutto l’anno. E poi c’è la Posidonia Oceanica, fertilizzante naturale, una pianta marina ricca di potassio che il mare, depositandola in grandi quantità sulla vicina scogliera, dona a Calamoni durante le mareggiate: i venti del sud la sollevano e spargono per tutto il vigneto, conferendo nuove sostanze nutritive e nuovi apporti minerali.

È questa la “viticoltura del mare”, sorprendente per la natura del suo paesaggio quanto difficile e ambiziosa, ma sono proprio le condizioni estreme ad aver stimolato l’avvio di una simile produzione: l’alta sabbiosità dei terreni e la matrice salina preminente che caratterizza questo areale, continuamente rinnovata in superficie dal combinato agire di mare e vento, si sono rivelati parametri ottimali per una sperimentazione di successo: pioniere fino in fondo, nel 2011 Firriato, in una piccola parte della tenuta, ha messo a dimora degli esemplari a piede franco di vitigni autoctoni. La sintesi con l’ambiente marino ha potenziato la capacità di adattamento delle singole piante e, rispetto alle altre con portainnesto, una maggiore resistenza. Sabbia e sale si sono rivelati dei deterrenti naturali agli attacchi della Fillossera, tanto che Firriato, scoperta in Favignana un’isola felice, ha deciso di impiantarvi mille nuove viti a piede franco. Un’organizzazione produttiva con pochi eguali in tutta l’area del Mediterraneo.

Su Favignana gli elementi organolettici espressi dalle uve non hanno pari in Sicilia. L’apporto salino e la componente calcarea dei suoli insieme all’esposizione (vicinanza al mare), hanno innescato un processo adattativo specifico per ciascuna varietà impiantata. L’ispessimento delle bucce, nei bianchi come nei rossi, è una risposta condivisa da tutti i vitigni ma con risultati, nel bicchiere, davvero differenti. L’aromaticità dello Zibibbo, ad esempio, sembra accentuarsi in note più persistenti da qualsiasi altro Zibibbo siciliano. Allo stesso modo, il concentrato polifenolico portato in dote da questo Nero d’Avola condotto a ridosso della scogliera, assume una forza espressiva così particolare nella sua sapidità, tanto da diventare un “caso” enologico a se stante. Nei vigneti a piede franco queste caratteristiche trovano ancor più profondità. Aver scommesso – dopo una fase sperimentale – sul processo di conversione al sistema di allevamento senza porta innesto, è stato vincente.